TEMATICA: IL DIRITTO DI ESISTERE

Zlata Filipovic
Diario di Zlata. Una bambina racconta Sarajevo sotto le bombe
Rizzoli 2013
(in catalogo BI.TO)
Questo piccolo libro è costituito dal diario di una ragazzina bosniaca, musulmana, che vive a Sarajevo e che inizia a scriverlo un po’ per imitare Anna Frank, di cui conosce il diario e per raccontare la sua vita durante i giorni dell’assedio della città, dal 1991 al 1993.
Il diario si interrompe alla fine del 1993 perché in quel periodo, come si scopre dalle note, la famiglia riuscì a fuggire da Sarajevo e a rifugiarsi a Parigi. L’assedio durò molto più a lungo, si concluse solo nel 1996 con gli accordi di Dayton.
Il suo diario viene conosciuto già nei mesi in cui lei lo sta scrivendo, grazie ad alcuni giornalisti, i quali la contattano, le dicono che sono interessati alla diffusione del suo diario in modo che il mondo sappia da una testimonianza diretta che cosa sta succedendo. Zlata è naturalmente contenta e anche lusingata dalla loro proposta, e incontra alcune volte questi giornalisti, che si occuperanno della pubblicazione.
Il diario contiene le annotazioni tipiche di una ragazzina undicenne, che parla della scuola, delle amiche , delle festicciole, del suo canarino, dei nonni, delle estati in campagna e dei fine settimana a sciare, questo finché la guerra non entra prepotentemente nella sua esistenza, per cui il contenuto cambia , si evolve man mano che l’assedio di Sarajevo continua.
All’inizio il sentimento prevalente è la paura, il terrore per le bombe che scoppiano vicine, arrivando anche a colpire la loro casa, le discese in cantina per salvarsi, i pianti della madre, poi pian piano entra la realtà della morte sperimentata direttamente, perché alcuni parenti, figli di amici, bambini che lei stessa conosce muoiono, uccisi dai cecchini, dai bombardamenti.
All’inizio Zlata scrive con rabbia, contro una guerra che non capisce, che non si spiega, incomprensibile per lei che non sa neanche che cosa sia la politica, dal momento che gli stessi genitori nell’intento di proteggerla le spiegano poco di che cosa sta succedendo. In lei matura la convinzione, che via via si rafforza, che la guerra è una cosa stupida, convinzione che non muterà mai.
Alla grande paura e rabbia dei primi mesi subentra l’assuefazione agli aspetti più violenti, assuefazione di cui lei per prima si accorge e che con il passare dei mesi viene sostituita dal sentimento ancora più forte, il senso della privazione.
Non è più il terrore per gli scoppi improvvisi, è lo sconforto per la luce che manca, il gas che non arriva tutti i giorni, l’acqua che bisogna dosare per qualunque uso, il fastidio di essere sempre affamata, sporca, infreddolita.
Più ancora delle privazioni materiali però, lei denuncia la perdita della sua infanzia, della sua giovinezza.
Sottolinea la perdita del suo tempo, il fatto che la guerra le sta portando via la scuola, la possibilità di studiare la musica come faceva prima, le amicizie, visto che molte famiglie delle sue amiche se ne sono già andate all’inizio dell’assedio, scappando in Italia, in altri paesi europei sicuri.
La domanda insistente che lei si pone, e pone agli adulti, è “Perché?” Perché lei che non ha fatto niente di male, e tutti gli altri bambini come lei, sicuramente innocenti, devono subire tutto questo?
Perché qualcuno vuole dividere con la forza delle armi i serbi dai croati o dai bosniaci, i musulmani dagli ortodossi o dai cattolici, quando queste comunità hanno vissuto per molto tempo tutte insieme senza problemi? Lei stessa confida di non aver neanche mai saputo l’appartenenza religiosa, o etnica, dei suoi amici o compagni di scuola, perché non era questo l’importante.
Un bel libro, che nella sua brevità e concisione offre molti spunti di riflessione, adatto a giovani lettrici, ma anche agli adulti che di quella guerra hanno memoria…